lunedì 30 novembre 2009


Articolo 21 - INTERNI
Natale 1996. "Perché vi mettete in mare se sapete che forse morite?" "Per il forse..."


di Ylenia Di Matteo



La notte di Natale del 1996, a poche miglia dalla località siciliana di Portopalo di Capo Passero (Siracusa), si consuma quella che ad oggi rimane la più grande tragedia navale del Mediterraneo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Un peschereccio maltese (F174) in pessimo stato, in legno e senza sistemi di sicurezza, si scontra con una grande nave greca (Yohan). A bordo circa 300 persone, soprattutto provenienti dall’India, Pakistan e Sri Lanka. Una manovra sbagliata, le pessime condizioni del mare, la notte, provocano la morte di 283 persone e l’inabissamento della F174. Un’ora, o poco più.
Per molti giorni però nessuna notizia. Nessuna denuncia. Come se tutto fosse stato inghiottito dal mare, insieme ai sogni, alle speranze, ai microcosmi di ognuna delle vittime. Ma non i loro corpi, né le loro carte d’identità, impigliati nelle reti dei pescatori del posto. Nè il coraggio degli uomini che si sono battuti affinchè emergesse la verità.
Dieci anni più tardi, la sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione inflitta dalla Corte d’assise d’appello di Catania al libanese Youssef El Hallal, il comandante della Yohan. E sempre la Corte d’Assise d’Appello di Catania, l’11 marzo scorso, per la stessa vicenda, ha condannato Turab Ahmed Sheik, 48 anni, l’armatore pakistano, residente a Malta, a trent’anni di reclusione. Nel maggio 2007 l’armatore della F174 era stato assolto dalla Corte di Assise di Siracusa per non aver commesso il fatto.
Nessun naufragio fantasma.

Di questi tempi si muore di speranza. Come se esistere fosse un reato. Come se desiderare una vita dignitosa e libera fosse la causa di tutti i mali. Dell’Italia certamente.
“Forse quando la Padania sarà libera sarà diventata davvero una nazione-stato potremmo anche farlo (dare il voto agli immigrati). Ma non ora. Da noi, i musulmani sbatteranno sempre le corna. In Europa non so, ma la Lombardia da sempre ha eretto un muro contro l’Islam”. (Bossi)
Abbiamo paura di ammettere che ci conviene indirizzare la nostra rabbia, la nostra frustrazione verso un non ben identificato nemico. Se ci guardassimo nel profondo, mafiosi, truffatori, evasori, di razza italica, meriterebbero la riprovazione sociale che oggi riguarda l’immigrato clandestino. Per il semplice fatto di essere.
“Dovremmo dare dei costumi da leprotto agli extracomunitari, così le doppiette dei cacciatori potrebbero esercitarsi: tin, tin, tin” oppure “Ripristinare i vagoni piombati e rimandarli ai loro paesi “. (Gentilini)
E’ toccata a loro tutta la violenza in una vita miserabile. Forse se la meritano.
“Sul problema dell’immigrazione la Lega e la Chiesa sono su due piani completamente diversi (…) Personalmente credo che se si accolgono gli immigrati questo puo’ apparire qualcosa di buono, ma non si fa il bene degli immigrati”. (Calderoli)
Lasciare un inferno fatto di dittature, guerre, fame, invero non è cosa buona.
“Per di piu’, se accogliessimo tutti faremmo un torto ai paesi di provenienza”.
Già, la galanteria diplomatica.
“Posso confermare che i valori cristiani testimoniati dal Pontefice sono sempre presenti nell’azione del governo da me presieduto, che adotterà tutte le misure necessarie per garantire la serenità e la pace sociale”. Il Presidente del Consiglio, qualche giorno fa.


Nota: il titolo dell'articolo è tratto da una vignetta de l'Unità di Staino ed è anche la copertina dell' Agemda: «Perché vi mettete in mare se sapete che forse morite?», domanda Ilaria, la figlia di Bobo, ad un migrante che le risponde secco: «...Per il forse».

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