Temporanei e badanti dignità al lavoro
Temporanei e badanti dignità al lavoro
I contributi consentono all´Inps di coprire
maternità e pensioni.
E di normalizzare un´attività destinata
a crescere ancora
Si aspettavano 600mila domande, ne sono arrivate
la metà.
Si fatica a capire che rispettare le regole significa
anche rispettare le persone.
Una famiglia italiana su dieci ammette che non potrebbe
farne a meno, eppure badanti e colf sono e restano un
pianeta sommerso: una su quattro delle collaboratrici
presenti sul territorio nazionale risulterebbe priva
di documento di soggiorno; fra le straniere - che
sono la netta maggioranza - una su due lavorerebbe
del tutto o parzialmente in nero.
Mettendo insieme i dati resi disponibili dalle più
recenti indagini sulle collaboratrici familiari -
professioniste senza le quali, in buona parte della
case italiane, non si sopravviverebbe - il quadro
dipinto da Istat e Acli resta sconfortante.
A poco sono valse le campagne di emersione contributiva
portate avanti negli anni scorsi dall´Inps.
Sotto tono è stato anche il risultato della maxisanatoria
appena conclusa (fine settembre): l´eccezione "strappata"
alla legge che punisce la clandestinità con l´espulsione
della persona non regolarizzata non ha dato gli effetti
sperati.
Governo, sindacati, parrocchie - stimando la presenza di
un milione circa di colf e badanti straniere non
ufficializzate - si aspettavano almeno 600-700mila
domande. In realtà ne sono arrivate solo 300mila.
Molti datori di lavoro hanno preferito rimanere nel
sommerso: un po´ per convenienza, un po´ per la rigidità
dei requisiti richiesti. Al di là della tipologia e dei
tempi del lavoro fino ad allora effettuato (erano
richieste almeno 20 ore di contratto settimanali, un
alloggio decente, un inizio rapporto non successivo
al 30 marzo 2009) la famiglia che voleva far emergere
il suo rapporto di lavoro con la colf o la badante
doveva infatti pagare sull´unghia 500 euro di contributo
forfettario e dimostrare (se monoreddito) entrate
per almeno 20mila euro l´anno.
Il che, in un paese ad alta evasione fiscale, non è cosa
di poco conto. Per molti, dichiarare quella cifra avrebbe
significato fornire allo Stato dati diversi da quelli
denunciati nella dichiarazione dei redditi. Così, dicono
le stime, almeno mezzo milione di famiglie ha preferito far
finta di nulla e rischiare la denuncia.
Per le altre, invece, si è aperto un nuovo mondo, fatto di
regole rispettate, di posizioni a norma, ma anche di contributi
da pagare.
Dopo aver presentato la domanda on line ed essere stato convocato
dallo Sportello unico per l´immigrazione per verificare l´esattezza
e la verità dei dati trasmessi, dei pagamenti e dei certificati
medici, il datore di lavoro è chiamato infatti a versare i
contributi per il lavoratore assunto.
Per ricordare tale obbligo dal prossimo dicembre in tutte le
case dei datori che hanno usufruito della sanatoria arriverà
una lettera dell´Inps che inviterà a provvedere - pagando le
quote a partire dal primo luglio 2009 - anche in assenza di
contratto e indipendentemente dall´accoglimento della domanda.
Adempiendo ai contributi prima della sottoscrizione del contratto
di soggiorno, si ricorda nel documento indirizzato al datore di
lavoro, si eviterà di doverlo poi fare in una unica soluzione
a partire sempre dal mese di luglio.
L´importo trimestrale - avvertirà la lettera - sarà calcolato
sulla base delle ore di lavoro settimanale e delle retribuzioni
minime riferite al livello contrattuale dichiarate nella domanda
di emersione.
Se i dati non saranno coerenti con quelli effettivi la famiglia
potrà avvalersi dei bollettini in bianco allegati (con le
istruzioni) alla lettera dell´Inps. I versamenti potranno essere
effettuati alla posta, attraverso il circuito della pubblica
amministrazione "Reti amiche", o collegandosi al sito www.inps.it
- servizi on line - cittadino - lavoratori domestici.
Perché si devono pagare i contributi? Perché farlo permette
all´Inps di coprire la liquidazione delle pensioni, dell´indennità
di maternità, degli assegni familiari, dell´indennità di
disoccupazione, antitubercolare, cure termali e rendite da infortunio
sul lavoro e da malattie professionali.
E soprattutto permette di dare dignità al lavoro di colf e badante,
professione che - in un paese destinato a un rapido invecchiamento
della popolazione e sofferente di un gap sull´occupazione femminile
che va recuperato - è destinato a una costante crescita.
Già dal 2001 a oggi, secondo il Censis, il numero di colf e badanti
è aumentato del 37 per cento. Si occupano di tutto: della
pulizia della casa (83 per cento), di pasti (54); degli anziani
(50 per cento) o semplicemente del far compagnia a chi non ce
l´ha (37 per cento) prestando assistenza sanitaria.
In una parola suppliscono a "mancanze" di cura non garantite
né dalle famiglie, né dallo Stato. Tanto che - commenta il
Censis - «la mancata regolarizzazione di questa professione
comporterebbe un aumento di ricoveri degli anziani, con
ripercussioni sul servizio sanitario nazionale».
Ritenere che tale copertura possa continuare a risultare
invisibile è impensabile. Luisa grion fonte repubblica
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